Samuele Capano • 2024-07-10
Nel 2025, con l'entrata in vigore dell'European Accessibility Act, si eleveranno gli standard di accessibilità digitale. Scopri come l'app Be My AI, apre nuove frontiere per l'inclusione digitale gettando le basi per un futuro accessibile.
Nel 2025 entrerà in vigore una nuova normativa europea, l’European Accessibility Act (EAA), che impone requisiti più stringenti sull'accessibilità digitale, mirando a rendere i prodotti e i servizi online più accessibili. Questa legge rappresenta un passo importante verso l'inclusione, estendendo gli obblighi di accessibilità a un maggior numero di entità private e pubbliche e integrando considerazioni di accessibilità sin dalle fasi iniziali dello sviluppo di prodotti e servizi digitali.
La crescente integrazione dell'intelligenza artificiale nello sviluppo di applicazioni e nei servizi quotidiani ci pone di fronte a nuove sfide e opportunità. In questo contesto, applicazioni come Be My Eyes e la sua nuova funzionalità Be My AI, che utilizzano l'intelligenza artificiale per assistere le persone non vedenti, dimostrano come la tecnologia possa essere trasformata in uno strumento di inclusione.
Leggi l’articolo per scoprire come queste innovazioni non solo aprono nuove porte per l'accesso all'informazione ma stabiliscono un ponte verso un futuro in cui nessuno è lasciato indietro.
L’intelligenza artificiale è il male assoluto: non ti hanno insegnato niente Terminator o i vari romanzi dispostici?
Oppure no? l’AI potrebbe darci una mano, non solo a fare i compiti ma garantendo accessibilità a servizi e beni che altrimenti non si avrebbe modo di usufruirne? Potrebbe insegnarci l’inglese, ad esempio con l’app Praktika, o addirittura essere i nostri occhi sul mondo.
E non intendo solo che potrebbe organizzare viaggi mirati in base ai nostri gusti e attitudini o crearci album fotografici in base a quello di cui abbiamo bisogno. Potrebbe essere i nostri occhi in tutto e per tutto. Cosa intendo? Continuate a leggere e lo scoprirete!
Pensiamo alle intelligenze più vecchie e conosciute, come Siri o Alexa, che rendono accessibili le informazioni; ricordate la pubblicità del dispositivo Amazon nella quale una donna davanti a una finestra aperta chiede “che tempo fa oggi?” facendo intuire di essere cieca e il dispositivo Amazon le risponde che piove e le suggerisce di prendere l’ombrello? Col tempo queste si sono evolute e l’Intelligenza Artificiale come la conosciamo ora è nata grazie a OpenAI con lo scopo di creare una AI “amichevole” e dalla quale le persone possano trarne beneficio. Questo vuol dire che è nata per essere accessibile e per semplificare l’accessibilità a beni, servizi e conoscenze altrimenti difficili da ottenere.
Pensate a una persona cieca che vorrebbe scegliere un accessorio da indossare ma non riesce a vederlo. Come può fare? Per “leggere” esistono già tecnologia adatte (Google Lens o il Finger Reader) ma in situazioni più complesse come può guardarsi attorno?
Una soluzione efficiente è l’app Be My Eyes.
Intelligenza artificiale e accessibilità
Be My Eyes è un’app gratuita, disponibile sia per Android che per iOS, con lo scopo di aiutare le persone non vedenti o ipovedenti.
Questa app si appoggia su una comunità formata da non vedenti, ipovedenti e volontari che collaborano per rendere il mondo più accessibile. Lo scopo è sfruttare la tecnologia per “portare la vista” a tutti.
Nonostante il concetto di accessibilità sia sempre più presente nella realtà odierna, alcune situazioni possono rappresentare ancora delle sfide per qualcuno di noi.
Pensiamo ad una stazione ferroviaria affollata, con un viavai di gente e treni, in una situazione che sarebbe stressante e difficile per chiunque, una persona non vedente potrebbe non essere in grado di raggiungere il suo treno.
È qui che entra in gioco l’app Be My Eyes che permette di raccontare quello che c’è attorno all’utente in tempo reale, leggere il tabellone degli orari e guidarlo, evitando bagagli, rifiuti (e piccioni se si è in Stazione Centrale a Milano) fino al posto a sedere corretto. Tutto questo grazie a una comunità molto numerosa, nella sua funzione classica, e all’intelligenza artificiale OpenAi nella funzione Be My AI. Questa app, che può essere scaricata su praticamente tutti gli smartphone, ha la capacità di rendere accessibile quello che altrimenti non lo sarebbe.
Una volta scaricata l’app da Google Play o dall’App Store, al primo accesso viene chiesto di quale categoria si fa parte: persone cieche e ipovedenti oppure volontari.
Se si fa parte della prima categoria nella schermata principale comparirà un pulsantone azzurro con scritto “Chiama un volontario”. Premendolo partirà una video-chiamata verso tutti i volontari disponibili che parlano la stessa lingua del chiamante.
Screen da app
Forse vi state chiedendo: “ok che il pulsante è gigante ma come fa una persona cieca o ipovedente a vederlo?” La risposta è che i nuovi smartphone sono abbastanza accessibili, avendo incorporati screen reader e comandi vocali mentre per esigenze più specifiche sono stati creati terminali destinati proprio a ciechi e ipovedenti, come il Liliphone.
La videochiamata sarà solo in uscita, anche perché il contrario sarebbe un inutile dispendio di risorse, e solo il primo volontario a rispondere verrà collegato alla chiamata vedendo così cosa viene condiviso dall’altra parte. A questo punto il volontario risponderà alle domande del chiamante.
L’esempio che si vede iscrivendosi come volontario (e mi raccomando fatelo che, come scrivono sul loro sito, non è un impegno oneroso anzi “Per favore non preoccuparti se sei impegnato quando ricevi una chiamata - un altro volontario prenderà la chiamata.”) nella finta chiamata tutorial un utente non vedente dice, toccando due sciarpe di colore diverso posizionate su un tavolo, che vorrebbe mettersi quella rossa, il volontario gli risponde semplicemente quale delle due deve prendere. È questo il bello dell’app, può servire per davvero tutto, sapere se si è vestiti bene, avere un aiuto se cadono le chiavi di casa, sapere dove è una finestra per far cambiare l’aria o cosa c’è scritto su un cartello. “Ciao, mi sai dire se il latte è scaduto?” “Sono presentabile per un primo appuntamento?” “Dove ho messo le chiavi della macchina?” Ok forse l’ultima domanda non la faranno mai...
Come detto all’inizio dell’articolo, l’intelligenza artificiale di OpenAI deve essere “amichevole” e inclusiva; quindi, quando è stata creata si è pensato anche che potesse migliorare l’accessibilità ad alcuni servizi.
Così è.
All’interno dell’app Be My Eyes è presente un servizio in fase beta chiamato Be My AI che si appoggia a questa tecnologia. In questa sezione è possibile scattare una foto e dopo qualche istante, in realtà parecchi istanti, si riceverà una descrizione molto accurata di quello che è stato fotografato.
Ho fatto una prova per voi con la mia più grande passione: il caffè. La descrizione è molto precisa e attenta ai dettagli. Oltre a specificare il colore della tazzina, descrive anche il piano su cui è appoggiata il fatto che questo riflette la sua immagine. Una volta avuto l’esito della foto si può scegliere se scattarne un’altra oppure avere più dettagli. Scegliendo la seconda opzione si aprirà una chat basata su ChatGPT, dove si potranno fare ulteriori domande, condividere la chat, caricare altre foto o chiamare un volontario.
Be My AI la risposta da parte di ChatGPT
Nella chat si possono fare sia domande attinenti alla foto (“È presente anche un cucchiaino?”) sia domande diverse o più particolari, come ad esempio “dove posso comprare una tazzina così?” L’intelligenza Artificiale sarà pronta a rispondere ad ogni quesito.
Esaminiamo i pro e contro di entrambi i servizi.
Be My Eyes
PRO:
CONTRO:
Be My AI
PRO:
CONTRO:
Facendo una disamina trai i pro e i contro di entrambe le versioni la cosa più corretta da dire è che sono complementari, dove non può arrivare una arriva l’altra. Certamente l’Intelligenza Artificiale deve ancora fare qualche passo avanti per poter dare le risposte che ci si aspetta ma già così rappresenta un grande passo avanti per l’inclusione.
La vita di tutti i giorni, per le persone cieche o ipovedenti, è uguale alla nostra; anche loro hanno passioni e desideri, come suonare la chitarra, cucinare o viaggiare. A volte la mancanza di accessibilità o di servizi adatti a tutti però può compromettere la qualità della vita.
Be My Eyes può guidare la persona nello scegliere un manuale di musica adatta a lui, o lei, può avvisare se la farina che si ha davanti è di grano tenero o duro o può guidare l’utente attraverso una stazione affollata fino al proprio binario.
Come tutte le app di matrice social il rischio per la privacy è elevato. Potrebbe capitare che l’utente chieda supporto per delle medicine o involontariamente mostri dei dati sensibili, come ad esempio il conto in banca, i dati di una carta prepagata o un proprio documento di identità.
Be My Eyes stessa chiede agli utenti di prestare massima attenzione nella condivisione di questi dati sollevandosi da ogni responsabilità.
Come tutte le app di matrice social il rischio per la privacy è elevato. Potrebbe capitare che l’utente chieda supporto per delle medicine o involontariamente mostri dei dati sensibili, come ad esempio il conto in banca, i dati di una carta prepagata o un proprio documento di identità. Be My Eyes stessa chiede agli utenti di prestare massima attenzione nella condivisione di questi dati sollevandosi da ogni responsabilità.
Be My Eyes è, a mio avviso, una delle app più utili e innovative nel campo accessibilità. È una di quelle app che fa bene a tutti, sia ai non vedenti e ipovedenti, sia ai volontari, aiutando a creare una comunità accessibile a tutti.
In più mostra il lato amichevole e utile delle intelligenze artificiali. Fate e fatevi del bene, scaricate e registratevi a Be My Eyes.
Samuele Capano
L’autore di questo articolo, Service Manager (ma nel cuore un Tester QA) lavora in Ulixe dal 2016. Appassionato di tecnologia, film horror e satira trova fantastico quando queste tre cose si mischiano assieme! Avvicinatosi al mondo IT grazie le console a 8bit e alla scrittura grazie alla satira. Nel tempo libero scrive per il gruppo satirico Kotiomkin e ha pubblicato il suo primo libro “Un mondo di cristallo” con la Montag Edizioni.
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